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Con l’anno 2020 inizia in Italia e nel mondo un incubo chiamato Covid-19. Un brutto virus che attacca le vie respiratorie in maniera più o meno grave in grado di causare con facilità la morte di chi ne viene colpito. I primi due casi italiani della pandemia sono stati confermati il 30 gennaio 2020, quando due turisti provenienti dalla Cina sono risultati positivi al virus, a Roma. Un focolaio di infezioni di Covid-19 è stato successivamente rilevato il 21 febbraio 2020 a partire da 16 casi confermati in Lombardia, a Codogno, in Provincia di Lodi, aumentati a 60 il giorno successivo con i primi decessi segnalati negli stessi giorni . Una malattia così invasiva non si vedeva dai primi del 900 quando scoppiò la febbre spagnola divampata subito dopo la fine della Prima Guerra Mondiale.

Storicamente la prima ondata arrivò tra marzo e luglio 1918 e in agosto avvenne una seconda ondata, peggiore della prima. Andò giù in estate, dunque, ma riprese ferocemente a settembre e ottobre, facendo 50 milioni di morti nella seconda ondata.

Insomma, martoriò l’Europa negli anni ’20, così come sta accadendo adesso. L’Italia è stata il primo Paese europeo ad adottare misure contenitive drastiche con la sospensione di tutti i voli diretti da e verso la Cina. Una volta scoperto il primo focolaio interno, tra le prime misure adottate c’è stata la quarantena di 11 comuni dell’Italia settentrionale (in Lombardia e in Veneto). Il 23 febbraio il Consiglio dei ministri emana il decreto-legge n. 6, che sancisce la chiusura totale dei comuni con focolai attivi e la sospensione di manifestazioni ed eventi sugli stessi comuni. Nei giorni successivi il Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte emana una serie di decreti attuativi (DPCM) in cui le misure di restrizione si fanno progressivamente più ferree ed estese all’intero territorio nazionale: DPCM del 25 febbraio, del 1º, 4, 8, 11 e 22 marzo e del 1º, 10 e 26 aprile. In questi lunghi mesi abbiamo assistito purtroppo a numerosi ricoveri, le terapie intensive sono letteralmente esplose non riuscendo a contenere l’alto numero di ricoveri per Covid.

Inizia il panico che si tramuta nella prima decade di marzo in una fuga dalla Lombardia verso il sud per sfuggire a una morte certa.

 

Il contagio corre più veloce di un treno e iniziano le chiusure che impediscono alle persone di spostarsi da una regione all’altra. La Sicilia inizialmente esonerata dal virus comincia a riscontrare i primi casi positivi, numeri destinati a crescere sempre di più.

Iniziano i focolai e le prime zone rosse, come nel caso della vicina Troina dove addirittura è intervenuto l’esercito.

 

Fioccano i provvedimenti restrittivi e i coprifuoco nelle città e nei paesi. Lo scenario è di guerra, si lotta contro un nemico invisibile che non dorme mai, sta sempre in agguato pronto a colpire in qualsiasi momento. Alle restrizioni governative si aggiungono quelle regionali e comunali. Il 16 marzo il governatore della Sicilia blocca i collegamenti da e per la Sicilia e chiede l’intervento dell’esercito.

Messina chiude il porto, Palermo e Catania gli aeroporti.

 

Molti ospedali dell’isola vengono adibiti a Covid hospital. La zona dei Nebrodi che inizialmente sembrava essere stata risparmiata sale agli onori della cronaca per i primi contagi e purtroppo arrivano anche i primi decessi.

È il 24 marzo quando si registra il primo caso di coronavirus a Santo Stefano di Camastra, mentre il 30 marzo un centinaio di tamponi vengono processati per la comunità di San Marco D’Alunzio e sempre nella stessa data Troina viene dichiarata zona rossa.

 

Nel mese di aprile si registrano i primi contagi anche nel comune di Caronia.

È il panico totale!

Con il DPCM del 16 maggio 2020 il Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte annuncia al Paese l’inizio della fase 2, dal 18 maggio sino al 14 giugno 2020. In questa fase riprendono molte attività commerciali al dettaglio, inclusi bar, ristoranti e parrucchieri e si annullano alcune restrizioni, quali isolamento sociale e spostamento regionale.

 

Viene eliminata definitivamente anche l’autocertificazione che si sarebbe dovuta esibire alle autorità competenti. Lo spostamento tra regioni è stato ripristinato dal 3 giugno 2020 con un ulteriore allentamento delle restrizioni.

Uno spiraglio di luce si intravede nei mesi estivi, ripartono le attività, si riaccendono i motori dell’economia e della produttività, si torna a vivere.

Durante questo periodo però si commette l’errore di pensare che il virus sia scomparso e invece no. In seguito alla risalita della curva dei contagi nell’autunno dello stesso anno, con il decreto-legge n. 125 del 7 ottobre e i DPCM del 13, 18 e 24 ottobre, sono state progressivamente introdotte rinnovate restrizioni incentrate più che sulla limitazione ai movimenti a norme per regolare le attività commerciali e private.

Con il DPCM del 3 novembre 2020 le Regioni italiane vengono raggruppate in tre tipi di scenari epidemiologici diversi con l’adozione di misure più o meno restrittive a seconda dello scenario.

Anche piccole comunità come Castel di Lucio e Mistretta, precedentemente indenni, registrano i primi casi e addirittura i primi decessi.

 

Ricomincia l’incubo e chissà se e quando finirà…

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