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Capizzi, la grande devozione nei confronti di Sant’Antonio di Padova

A causa delle misure anti covid a Capizzi non si è potuta svolgere la tradizionale festa in onore di S.Antonio di Pavdova, ma i momenti di religiosità e di devozione non sono mancati

5 Settembre 2020 10:33

Quest’anno l’epidemia causata dal Covid 19 ci ha costretti a molte rinunce. Tra queste le tradizioni popolari che sono un momento di grande aggregazione di fede dei piccoli centri dei Nebrodi.

I primi giorni di settembre per la comunità di Capizzi sono tra i più attesi dell’anno in quanto si celebra la tradizionale festa di S.Antonio di Padova con il suggestivo pellegrinaggio in località “Cannedda” e la processione di giorno 3 settembre.

Quest’anno niente di tutto ciò si è potuto fare a Capizzi, ma la devozione e la fede hanno fatto vivere intensamente questa ricorrenza ai capitini. A tal proposito Ufficio Stampa del Santuario di San Giacomo ha diramato un comunicato che riportiamo integralmente:

“Durante il trascorrere dell’anno 2020, abbiamo riscoperto un senso a ciò che in precedenza davamo per scontato.

Non è stato semplice accettare il corso degli eventi, eppure chi ha fede, chi crede in un’entità superiore, sa che è il buio a conferire importanza alla luce, poiché sono i momenti di difficoltà, a discapito della quotidianità, a formarci come esseri umani.

Quando le nostre certezze vacillano, crollando miseramente, ci perdiamo nel caos della titubanza e la nostra vera indole viene allo scoperto. Il termine greco ήθος significa “carattere”, ma assume una valenza sempre più ampia, fino ad alludere al concetto di identità.

E cosa definisce l’identità di una persona più delle sue origini? Capizzi è un paese ricco di discrepanze, controversie e lotte intestine tra un passato ancora percepibile e un presente che non si cura di altro che del futuro. Eppure c’è un fronte su cui rimane sempre coerente, fermo e orgoglioso: le tradizioni.

Un popolo intero si china dimessamente di fronte al proprio credo, vivendo i momenti ieratici con un fervore sbalorditivo. La solennità della venerazione si intreccia alle antiche superstizioni, rivivendo così una storia che sentiamo intimamente nostra.

Nonostante quest’anno non si sia prospettato come uno dei migliori, abbiamo avuto l’opportunità di non rinunciare a un evento che ci definisce nel profondo, ovvero la celebrazione dei riti in onore di Sant’Antonio di Padova.

Ciò è stato possibile grazie all’irreprensibile impegno del nostro arciprete Don Antonio Cipriano e di Paolo Calandra, Governatore della venerabilissima confraternita di Sant’Antonio, nonché alla preziosa collaborazione di tutti i cittadini, che senza indulgere hanno accettato le norme anti-covid previste.

In molti hanno svolto l’abituale pellegrinaggio privatamente, al fine di evitare assembramenti, dunque non è stato possibile partecipare al “rientro” in paese dei fedeli a cavallo.

Anche la processione non ha avuto luogo, con sommo rammarico di tutti, ma il simulacro del santo è stato affiancato a quello della Vergine Maria sull’uscio della chiesa per la benedizione del popolo. La celebrazione eucaristica, che svolge sempre un ruolo di primo piano, è avvenuta nel pieno rispetto del distanziamento sociale, così come la novena, nel periodo antecedente la festa.

Tuttavia per consentire a un maggior numero di fedeli la partecipazione, i riti si sono officiati nella Chiesa Madre, piuttosto che nell’accogliente chiesetta dedicata al santo taumaturgo. Con non poca fatica, è stato possibile conciliare la nostra salvaguardia con ciò che il cuore prepotentemente reclamava.

Le ragioni di una passione di tale entità non sono semplici da spiegare. Le usanze hanno un peso notevole in questi piccoli centri, il che è ammirevole, specie se considerato in relazione all’epoca in cui viviamo.

A livello etico, sociale e umano il ventunesimo secolo sta decadendo poichè, con l’avvento delle intelligenze artificiali, paradossalmente più si progredisce più ci si isola. E non solo perdiamo percezione di noi stessi, ma ci dimentichiamo degli altri, diventiamo egoisti.

Dunque la condivisione di questi accadimenti ha un valore inestimabile: ci unisce e ci rammenta il dovere che abbiamo nei confronti del prossimo. Trattare la questione della fede, in un mondo cosmopolita che pur di atteggiarsi da anticonformista diventa scettico, non è semplice.

È proprio il figlio di Dio, magister di principi filantropici atemporali, a fungere da exemplum più di chiunque altro, ricordandoci l’importanza di possedere un’autonomia di pensiero rispetto allo status quo: questo ci condurrà sulla via della salvezza.

La diversità rende i capitini unici, conferendo loro una tenacia che, difficilmente, nel tempo metterà a tacere l’eco delle loro voci.


Ufficio Stampa della Segreteria del Santuario