
Dalla “fine del mondo” per cambiare il mondo, Francesco il Papa degli ultimi
Allergico alle gerarchie, Francesco ha modificato gli equilibri, praticando la rivoluzione dolce della carità.
Redazione Telemistretta 22 Apr 2025 14:52
Siamo “Fratelli tutti”, stretti in una comunità di destino che non ammette distinzioni, falsificazioni ideologiche, false dottrine.
Ci ha lasciato un grande Papa, nel giorno dell’angelo la notizia varca il limite delle possibilità di comprensione dell’umano, proiettandosi in uno spazio di significato assoluto. Il gesuita pontefice venuto dalla “fine del mondo”, ha cambiato la chiesa, riportando nella storia l’insegnamento rivoluzionario del santo di Assisi. Allergico alle gerarchie, Francesco ha modificato gli equilibri, praticando la rivoluzione dolce della carità.
“La chiesa è stata forte quando è stata debole, quando ha imbracciato le armi dimenticando il vangelo ha perso l’anima dei primi secoli, diventando serva del potere”.
Questa riflessione di un altro grande politologo e teologo anch’egli gesuita, padre Bartolomeo Sorge, fotografa molto bene i principi della pastorale di Bergoglio, che si riflettono in tanti suoi scritti. L’evoluzione della dottrina sociale costituisce l’eredità più forte che ci viene consegnata, che parte dall’attenzione autentica per gli ultimi, fino alla costruzione di una visione geopolitica che emerge nelle encicliche, legate da un preciso filo rosso: riaffermare il rispetto per la persona in una visione etica dello sviluppo. Il pontificato di Francesco lascia una traccia indelebile, richiamando la grande tradizione teoretica e filosofica che da San Tommaso conduce a Jacques Maritain.
Gli insegnamenti di Bergoglio hanno delineato l’orizzonte di un umanesimo planetario, che deve essere ispirato ai valori di un cristianesimo autentico. Un futuro sostenibile potrà essere prodotto solo dalla consapevolezza del rischio di annientamento che tutti i popoli del pianeta corrono, e che lega l’umanità intera all’ecosistema globale. Il suo insegnamento ha dimostrato che i dettami della fede possono coincidere con l’esigenza profonda di proteggere l’individuo e la natura dalla distruzione.
Teologia, ecologia, etica si sono date per la prima volta la mano. Le élite planetarie sembrano ancora in ritardo, mostrano di non capire: “uscire dall’età della guerra e dello sfruttamento incondizionato dell’ambiente”, è un obbligo per tutti. Bisognerà uscire dal vecchio paradigma dei “giochi a somma zero”, per comprendere che tutti saremo perdenti, se non ci poniamo in ascolto della sofferenza del pianeta. Questa concezione non corre il rischio di evaporare nell’utopia, perché Papa Francesco la ha praticata e ripetuta nelle occasioni ufficiali, così come nelle visite informali, con cui ha portato la luce del vangelo nelle periferie romane. Ospite inaspettato Bergoglio è entrato nelle case: “vegliate perché non sapete né il giorno né l’ora”, praticando la scrittura sacra con quella semplicità di comportamenti che da sempre ha spiazzato i potenti.
Francesco D’Assisi suo illustre predecessore, ci era riuscito disorientando Innocenzo III. Con la forza del suo pensiero il poverello aveva sgonfiato ogni pretesa teocratica di egemonia, rimettendo al centro il valore dell’umiltà, i bisogni e la fragilità della nostra condizione.
Nel capovolgimento dei luoghi comuni si può leggere con nitidezza la parabola terrena del pastore Bergoglio che fino all’ultimo, mostrandosi nella malattia, ha voluto sentire l’odore delle sue pecore. Lo abbiamo visto attraversare le navate di San Pietro in abiti insoliti. Non c’è da stupirsi nessun conformismo poteva confacersi a un Pontefice che ha chiesto scusa per i peccati gravi che hanno segnato la storia della chiesa. “Chi sono io per giudicare” lo ha ribadito più volte quando è stato sollecitato a commentare lo scandalo della pedofilia, l’omossessualità e le tante fragilità che segnano tutti gli uomini, sacerdoti e non. Ridare fiato alla speranza, è stata questa la risposta che ha voluto gridare al mondo Francesco, agitandola come valore indefettibile per indirizzare quest’anno giubilare. “Una speranza – commenta il filosofo Mauro Ceruti – che nonostante tutto, deve contribuire a formare una coscienza planetaria… che definisce, fatto inedito, la fraternità in un orizzonte “concretamente universale”. Nessuno si può salvare da solo, è questa il messaggio forte che Bergoglio ha consegnato alla storia, quando ha attraversato la città eterna desertificata dal covid per raggiungere il Crocifisso di San Marcello al corso e riabbracciare idealmente il suo popolo sofferente.
Un cambio di marcia è ancora possibile se impariamo vedere la “Terra che geme come una casa comune” dove scienza, tecnologia, salute, devono essere riconosciuti come patrimonio comune e non oggetto di competizione.
Adesso si discuterà a lungo sugli equilibri mutati del conclave che si apre, di giochi di potere, di cambiamenti possibili. Se vogliamo onorarne la memoria del Papa faremmo meglio a studiare i principi rivoluzionari della sua “francesco economy”, che aprono la strada per un’etica del capitalismo e del lavoro, che se messa in pratica potrà dare un impulso decisivo al progresso dell’uomo in universale.
Massimiliano Cannata